L'asd Parola di Cane utilizza l'approccio cognitivo-zooantropologico al duplice scopo di rendere il proprietario abile ad insegnare qualsiasi cosa al proprio cane (fornendogli gli strumenti per comunicare efficacemente) e di rendere il cane capace di scegliere autonomamente il comportamento adeguato ad ogni situazione (sviluppando le sue capacità cognitive).
L'approccio cognitivo-zooantropologico è la sintesi di due concetti:
1. la cognizione è l'atto del conoscere, cioè una facoltà mentale. L'approccio cognitivo considera il comportamento animale come l'espressione del suo stato mentale, cioè come il risultato di un ragionamento. Ammettere che il cane abbia una mente ed una propria intelligenza vuol dire ammettere che abbia la facoltà di riflettere, fare esperienze, ricordare e proiettarsi nel futuro; insomma che sia in grado di immagazzinare informazioni, elaborarle utilizzando le proprie capacità ed emettere una risposta adeguata. In questo l'approccio cognitivo si differenzia dai metodi basati sul condizionamento stimolo-risposta secondo cui ad ogni stimolo segue una risposta automatica.
2. la zooantropologia è la disciplina che studia le relazioni tra l'uomo e le altre specie animali e i contributi che l'uomo può ricevere da parte della diversità animale. Primo passo per un approccio zooantropologico è il riconoscere l”alterità animale” cioè vedere il cane con la sua identità e con un bagaglio di emozioni, abilità e conoscenze che lo rendono il nostro referente nella relazione uomo-cane. Smettere di considerare l'animale come strumento da lavoro (zootecnia) o come surrogato di rapporti sociali insufficienti e considerarlo partner di una relazione paritaria, comporta la presa di coscienza che il cane possa offrire all'uomo quel contributo di cui ha bisogno per costruire le proprie qualità.
Date queste premesse è ovvio che l'approccio cognitivo-zooantropologico (CZ) si discosti non soltanto dall'addestramento tradizionale, basato su coercizioni e punizioni, ma anche dal metodo gentile, basato sul rinforzo positivo. Anche il metodo CZ è “gentile” perché non utilizza coercizioni e rispetta le caratteristiche etologiche del cane, ma va oltre perché si rivolge alla mente del cane, alle sue capacità di apprendimento ed allo sviluppo del suo potenziale cognitivo, entrando in un ambito propriamente pedagogico. Il metodo CZ, quindi, intende interpretare i comportamenti del cane sulla base delle motivazioni, comprendere i processi di apprendimento e facilitare l'insegnamento.
Non parleremo, quindi, di “sedute di addestramento” ma di “programmi educativi”, che sottintendono il duplice aspetto del fattore mentalistico (arricchire le esperienze del cane, sviluppare le sue capacità, costruire i processi cognitivi che lo rendano autonomo in ogni circostanza) e del fattore relazionale (facilitare il processo di insegnamento migliorando le capacità relazionali del cane in generale e la relazione con il proprietario in particolare).
A differenza dell' ”addestramento” che si pone come obiettivo quello di insegnare al cane abilità che possiamo utilizzare, quasi come se fosse una macchina da programmare per uno scopo, il fine dell'educazione è sviluppare la mente del cane per realizzare in pieno tutte le sue potenzialità. In questo contesto la relazione cane-proprietario è alla base del processo pedagogico, in quanto il proprietario si pone come mediatore di conoscenze: rende le esperienze fruibili al cane adattandole alle sue capacità ed alle sue potenzialità.
I nostri percorsi educativi, pertanto, sono programmi pedagogici mirati a favorire la crescita della relazione tra cane e proprietario perché è il pieno sviluppo della relazione che favorisce il miglioramento della qualità della vita che intendiamo promuovere.